Chi ben comincia è a metà dell’opera.
Proverbio popolare
Di seguito sono citati gli incipit di alcune opere famose: con l’aiuto del piccolo indizio dato a corredo, provate a indovinare di quali si tratta. Troverete le soluzioni, insieme al significato della parola incipit, a fondo pagina.
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte…
Beh, questo è facile.
Tutti oramai lo chiamavano don Ciccio. Era il dottor Francesco Ingravallo comandato alla mobile: uno dei più giovani e, non si sa perché, invidiati funzionari della sezione investigativa: ubiquo ai casi, onnipresente su gli affari tenebrosi.
Raffinato giallo de noantri.
Entrò nella mia vita nel febbraio del 1932 per non uscirne più. Da allora è passato più di un quarto di secolo, più di novemila giorni tediosi e senza scopo, che l’assenza della speranza ha reso tutti ugualmente vuoti – giorni e anni, molti dei quali morti come le foglie secche su un albero inaridito.
Storia di un’amicizia spezzata dal Male del ‘900.
È la verità! Sono nervoso, sono stato e sono molto, molto, terribilmente nervoso; ma perché volete dire che sono un pazzo? Il male ha affinato i miei sensi, non distrutti, non annientati. Più di chiunque altro avevo avuto acuto il senso dell’udito. Ho ascoltato tutte le voci del cielo e della terra. Molte ne ho intese dall’inferno. Per questo sono pazzo? Uditemi! e osservate con che precisione, con che calma io posso narrarvi tutta la storia.
Omicidio compiuto per colpa di un battito di ciglia, svelato a causa di un battito di cuore.
Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d’Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica. La trovò poco chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là. Sulle rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca corrente. Si disegnavano all’ orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I Normanni bevevan calvadòs.
Il Duca d’ Auge sospirò pur senza interrompere l’ attento esame di quei fenomeni consunti.
Gli Unni cucinavano bistecche alla tartara, i Gaulois fumavano gitanes, i Romani disegnavano greche, i Franchi suonavano lire, i Saracineschi chiudevano persiane. I Normanni bevevan calvadòs.
-Tutta questa storia, disse il Duca d’ Auge al Duca d’ Auge, “-tutta questa storia per un po’ di giochi di parole, per un po’ d’ anacronismi: una miseria. Non si troverà mai una via d’ uscita?Di quest’ opera Italo Calvino disse: “Appena presi a leggere il romanzo, pensai subito: È intraducibile! Ma il libro cercava di coinvolgermi, mi tirava per il lembo della giacca, mi chiedeva di non abbandonarlo alla sua sorte, e nello stesso tempo mi lanciava una sfida.”
Il ragazzo dai capelli biondi si calò giù per l’ultimo tratto di roccia e cominciò a farsi strada lungo la laguna. Benché si fosse tolto la maglia della scuola, che ora gli penzolava da una mano, la camicia grigia gli stava appicicata addosso, e i capelli gli erano come incollati sulla fronte. Tutt’intorno a lui il lungo solco scavato nella giungla era un bagno a vapore. Procedeva a fatica tra le piante rampicanti e i tronchi spezzati, quando un uccello, una visione di rosso e di giallo, gli saettò davanti con un grido da strega; e un altro grido gli fece eco:
“Ohè! Aspetta un po’!”
Qualcosa scuoteva il sottobosco da una parte del solco, e cadde crepitando una pioggia di gocce.Proto-reality.
Fra i vari edifici pubblici di una certa città, che per diverse ragioni sarà prudente astenersi dal menzionare, e alla quale non attribuirò nessun nome fittizio, ce n’è uno da sempre comune alla maggior parte di esse, grandi o piccole che siano: vale a dire un ricovero per mendicanti. Là nacque, in un giorno e anno che non mi preoccuperò di precisare, visto che allo stato la cosa non riveste alcuna importanza per il lettore, il rappresentante del genere umano il cui nome precede l’inizio di questo capitolo.
Vittoriano.
In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio e compito del monaco fedele sarebbe ripetere ogni giorno con salmodiante umiltà l’unico immodificabile evento di cui si possa asserire l’incontrovertibile verità. Ma videmus nunc per speculum et in aenigmate e la verità, prima che faccia a faccia, si manifesta a tratti (ahi, quanto illeggibili) nell’errore del mondo, così che dobbiamo compitarne i fedeli segnacoli, anche là dove ci appaiono oscuri e quasi intessuti di una volontà del tutto intesa al male.
Una coppia di detective in saio, sandali e chierica.
Incipit è un vocabolo latino ( III persona singolare del verbo incipere che significa iniziare). In italiano è utilizzato come sostantivo maschile e singolare.
L’incipt corrisponde all’ inizio di un’opera, alle primissime righe di un romanzo o battute di una composizione musicale. Deve il suo utilizzo in Italiano alla formula con cui si aprivano anticamente i manoscritti, ad esempio, Incipit liber primus… (Inizia il primo libro…) a cui si faceva seguire il titolo dell’ opera e il nome dell’autore. In generale, si può indicare come incipit anche un intero brano d’inizio di un’opera letteraria o musicale.
In letteratura, all’incipit viene affidato il delicatissimo compito di attrarre il lettore e convincerlo a proseguire . Come si può ravvisare anche nella piccola cernita di incipit proposti, le strategie messe in atto dagli autori a tale scopo possono essere diverse: che siano in prima o terza persona -determinando quindi la successiva tipologia di narrazione- possiamo imbatterci in aperture dal ritmo lento, come quelle di molti romanzi storici, dove il lettore viene guidato gradualmente verso l’ inizio della storia attraverso la descrizione dei luoghi che le faranno da sfondo, oppure altre in cui, ex abrupto, ci sentiamo catapultati in un clima di suspense; in alcuni casi, il protagonista viene introdotto già dalle prime righe, mentre in altri si avverte una sorta di struttura a spirale che partendo da una contestualizzazione più ampia (ad esempio la città in cui si svolgerà la storia), stringe l’ obiettivo fino a mettere a fuoco i personaggi principali; a volte lo scrittore utilizza l’incipit come una dichiarazione d’intenti, altre alimenta la nostra curiosità non lasciando presagire nulla del prosieguo della storia. Infine, caratteristica di ogni incipit ben scritto, è quella di non lasciar dubbi sulla sua fine, ossia il momento in cui lo scrittore, che fino a quel punto ci ha quasi condotti per mano, ci deve abbandonare per iniziare la vera narrazione, dando vita all’intreccio, e il lettore si sente libero di addentrarsi nella storia, immedesimarsi, emozionarsi, parteggiare per i protagonisti e seguirli sulla strada verso l’ explicit, le ultime battute del racconto, il momento in cui li dovrà salutare.
Nella musica, gli incipit significativi ci permettono di riconoscere immediatamente l’ opera, l’ aria, il brano: l’imponenza dell’ esordio del Dies Irae di Verdi (http://www.youtube.com/watch?v=B_nhoZu2cp8), la drammaticità della Danza dei Cavalieri del Romeo e Giulietta di Prokofiev (http://www.youtube.com/watch?v=DUmq1cpcglQ), il brio dell’ouverture della Carmen di Bizet (http://www.youtube.com/watch?v=PQI5LtRtrb0) ci risultano immediatamente familiari, anche se -non essendo tutti cultori di musica classica- nella maggior parte dei casi, non saremmo in grado allo stesso modo di collocare un brano che si trova in un punto più inoltrato della composizione.
Provate inoltre a ripensare alle poesie apprese a memoria a scuola: chi non ricorda l’ inizio di San Martino, de Il sabato del Villaggio, de L’ infinito?
Soluzioni: I promessi sposi (A.Manzoni), Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (C.E. Gadda), L’amico ritrovato (F. Uhlman), Il cuore rivelatore (E.A. Poe), I fiori blu (R. Queneau), Il signore delle mosche (W. Golding), Oliver Twist (C. Dickens), Il nome della rosa (U. Eco)
Un ultimo quesito: in quali due, tra le opere letterarie di cui abbiamo citato l’incipit, l’incipit stesso è preceduto da un’ introduzione? Qual è l’ espediente letterario comune, al quale hanno fatto ricorso i loro autori?